Questo libro curato da Padre Antonio Grillo è un prezioso documento per la conoscenza della società lucana nella prima metà del Settecento. Tolve era una comunità di 2478 anime. Elevato era all’epoca l’indice di mortalità infantile e molto difficile era contrastare le malattie degli adulti. L’estensore del documento censisce 828 minori mentre manca del tutto la categoria degli anziani e dei vecchi visto che il censimento registra pochissime persone che superano la soglia dei 70 anni.

     Era rilevante la presenza della Chiesa con numerosi luoghi di culto e con 49 addetti. La Chiesa era il tessuto connettivo della comunità e garantiva un elevato livello di civiltà e di solidarietà fra i cittadini. La predicazione svolgeva il compito di orientare la comunità verso la speranza e verso la solidarietà; il catechismo costituiva un percorso d’iniziazione alla fede; le confessioni costituivano un preziosissimo momento di regolazione degli stili di vita nell’ambito delle famiglie e nella comunità; la liturgia, i riti e le feste si ponevano come momenti di aggregazione e tendevano a cementare l’identità sociale della comunità.

    Questa attività regolatrice della Chiesa era rigorosamente programmata e controllata. L’arciprete Amati ogni domenica teneva la Conferenza dei Casi nella quale venivano proposti all’attenzione dei sacerdoti casi di coscienza esemplari per orientare i confessori nella direzione spirituale. Ciascuna seduta si articolava nella discussione dei casi proposti la settimana prima, seguiva la lettura della soluzione di alcuni casi proposta dal Prefetto (arciprete Amati), si passava quindi alla interrogazione per sorteggio dei singoli partecipanti alla conferenza circa la soluzione dei rimanenti casi, la conferenza  si chiudeva infine con l’assegnazione dei casi per la settimana successiva.

        Anche la Conferenza dei Riti era presieduta dall’arciprete e serviva per definire in dettaglio la modalità con cui si sarebbero celebrate le liturgie e i riti propri del tempo liturgico. Infatti solo dopo la Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium sulla Liturgia nel 1970 avremo la prima edizione tipica del Messale Romano.

Per quanto riguarda poi l’esercizio della solidarietà a favore dei poveri, dei pellegrini e dei bisognosi il compito era prevalentemente devoluto alle cappelle del SS. Sacramento, del Rosario e del Carmine le quali elargivano elemosine ai pellegrini ed ai bisognosi. Le diverse cappelle con le relative confraternite gestivano i Monti di Pietà e i Monti Frumentari.

Queste istituzioni, che erano state create per la prima volta dai templari per sopperire alle necessità dei pellegrini in viaggio verso la Terra Santa e dei crociati, furono riprese dai francescani per aiutare i poveri all’interno delle singole comunità. I Monti di Pietà erano delle banche di solidarietà dove i bisognosi si recavano per prendere del denaro in prestito, lasciando un pegno a garanzia della restituzione. I Monti Frumentari invece ammassavano diverse centinaia di tomoli di grano che venivano messi a disposizione di chi ne aveva bisogno. Il creditore prendeva il grano che gli serviva per la semina o per il consumo e al momento del raccolto restituiva, per ogni tomolo prelevato, un tomolo più mezzo stoppello. Di solito nel momento del prelievo il tomolo si misurava raso, mentre al momento della restituzione si misurava colmo, la differenza corrispondeva appunto a mezzo stoppello. Questo efficace sistema di solidarietà funzionò egregiamente finché fu gestito dai conventi e dalle confraternite, entrò in crisi quando cadde nelle mani dei borghesi che ne fecero lucro. Nel 1781 Ferdinando IV di Borbone riconoscendone la vitale funzione, volle garantirne l’accesso a tutti i suoi sudditi ed istituì il Monte Frumentario del Regno. I Monti Frumentari furono soppressi nel 1799 con la nascita della Repubblica Partenopea, per essere nuovamente istituiti dopo la Restaurazione e definitivamente delegittimati nel 1865 quando le opere pie furono poste sotto la tutela delle Deputazioni Provinciali, abolendo anche l’obbligo per gli amministratori di rendicontare l’operato con i bilanci preventivi e consuntivi.

     Questo è il pesante prezzo che si è dovuto pagare alla modernizzazione ed al mito dell’efficientismo in vista di una produttività che ha sentito il bisogno di liberarsi dagli oneri della solidarietà e dell’etica sociale disperdendo così un grande patrimonio civile.

Donato Pepe