La follia dell’amore e la pazzia della guerra

di Donato Pepe

La tragedia della guerra

Le scriteriate politiche sociali, le suggestioni della civiltà urbana e del benessere cittadino hanno determinato la fuga dei giovani dalle nostre comunità. I piccoli centri si stanno svuotando. La popolazione è sempre più anziana con conseguenze gravi in termini di anemia demografica e pesante riduzione della natività.

E’ urgente fare qualcosa.

L’abbandono e il degrado del territorio, il declino della civiltà indigena sono sintomi evidenti di una malattia ormai in fase terminale. E tuttavia sotto il profilo morale non è tollerabile che i pochi superstiti si rassegnino ad abbandonare ogni cosa.  Del resto non c’è una terra promessa. In uno scenario di crisi globale vi è già qualcuno che evoca il ricatto di un olocausto nucleare. Dove vanno dunque i nostri giovani? Il benessere che essi inseguono non è una prospettiva certa né sostenibile. Con la guerra in Ucraina molte certezze vengono drammaticamente messe in discussione. I paesi totalitari stanno mettendo all’angolo le nostre democrazie. Il cosiddetto globalismo appare oggi un gigante con i piedi d’argilla. Molti paesi democratici dipendono, per i beni di prima necessità, dalla Russia. L’Italia, poi, ha aperto una via della seta per concedere nuove possibilità al mercato cinese.

Le democrazie occidentali si pavoneggiano ancora con la presunta superiorità dei loro valori. La civiltà cristiana che ha permeato la cultura occidentale caratterizzandone i tratti identitari sembra oggi non essere più in grado di orientare comportamenti diffusi e coerenti. La corruzione dilaga, il consenso interno è sempre più minoritario e incoerente tanto che alla fine del secolo scorso Zarathustra, per bocca di Nietzsche, aveva profetizzato appunto che la società occidentale, con la morte di Dio, sarebbe piombata nel nichilismo perdendo ogni punto di riferimento morale. Purtroppo bisogna riconoscere a Nietzsche che ciò è puntualmente avvenuto. Tuttavia la pars construens, prevista dal filosofo tedesco, è decisamente in ritardo. Non basteranno i prossimi cinquanta anni perché avvenga l’ultima metamorfosi. L’uomo-leone non si trasformerà in un uomo-bambino. Non ci sarà un oltre-uomo capace di raggiungere il traguardo civile e morale di una dignitosa libertà, di una superiore coscienza in grado di promuovere una civiltà responsabile, giusta, in grado di garantire a tutti i cittadini piena autonomia, uguaglianza di opportunità e di partecipazione alla vita civile, economica, politica e sociale.

La saggezza della cultura contadina chiedeva ad ogni singolo componente della famiglia patriarcale non l’astratta riflessione sull’essere ma la responsabilità dell’esserci con partecipazione impegnata e costante. Ecco forse questo campo di valori tradizionali della nostra terra va riproposto all’uomo contemporaneo per un pieno recupero della   dignità umana, civile e religiosa non nella dimensione dell’oltre-uomo ma nel pieno recupero della prospettiva integrale dell’umano.

Il riferimento alla civiltà contadina non autorizza la banale riduzione del nostro pensiero al localismo egoico, né alla volontà di potenza che si deprime nella frammentazione politica; non si avvalora nella produttività economica né tanto meno dell’efficienza tecnica ma si riconosce nella follia inclusiva dell’amore, che, enunciata nel Fedro di Platone, si sostanzia nel sacrificio di Cristo e trova ineludibile conferma nella sua resurrezione. La rimozione della pietra tombale, l’ordinato ripiegamento dei sacri lini, l’autorevole testimonianza dell’Angelo:” E’ risorto non è qui” dissolve, come nebbia al sole, ogni forma di nichilismo. La luce del Risorto rende manifesta la follia dell’amore.

Papa Francesco, ci dice che amare significa: “Toccare e guardare la carne di Cristo che”, in Ucraina e in tutti i territori insanguinati dalla guerra, “soffre e muore nei nostri fratelli”. Questo sguardo ci fa rabbrividire e rabbrividendo ci fa capire la sconvolgente pazzia della guerra. Noi potremo risorgere con Cristo il terzo giorno a condizione che si metta in campo una nuova evangelizzazione affinché l’uomo possa riprendere a ritroso il cammino verso la terra promessa. Solo così potremo autenticare nella vita la nostra dimensione umana pacificata con Dio e con la natura.

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